Il presagio del ragno

Un’idea, un’avventura, un pensiero, una fissazione, un’ossessione.
Nodi, barche, tonnarotti, sveglie molto, molto prima dell’alba.
Un capo assoluto, il Ràis. Una ciurma di 21 tonnarotti, un po’ uomini e un po’ pirati. Un lavoro da compiere.
Vento e sole, calma piatta e improvvise accelerazioni, fatiche e riposi.
Un lungo respiro, ascolto e profonda osservazione.

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Il presagio del ragno
regia Giuseppe Casu
montaggio Aline Hervè
suono Gianluca Stazi
fotografia Giuseppe Casu e Nanni Pintori
color correction Ercole Cosmi
interpreti Il Ràis e i tonnarotti della punta

una produzione Sitpuntocom e ISRE Istituto Superiore Regionale Etnografico della Sardegna
con il sostegno di Fondazione Sardegna Film Commission e Fabbrica del Cinema

produttore esecutivo Tratti Documentari

durata 65′
anno di produzione 2015

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Sinossi
Reti, zavorre, cavi e ancore. Sguardi, gesti, silenzi e risa. Attesa paziente e sforzo finale. Nel respiro di un tempo senza tempo…
Tra terra e mare un nucleo compatto di uomini configura la trama di un’avventura che perdura da sempre: la pesca del tonno rosso. Ultimi interpreti di una millenaria tradizione, radicalmente estranei alle dominanti procedure di cattura industriale di questa pregiata risorsa, dischiudono con i toni e i timbri del loro sapiente lavoro un intenso squarcio sulla relazione insidiosa tra locale e globale. Parlando la lingua trasparente di un’autentica sostenibilità a fronte del cieco avanzare di un disegno di sviluppo sempre più intollerabilmente iniquo

La tonnara fissa
Un tempo la tonnara fissa era il principale sistema di
pesca del tonno rosso. La pesca in tonnara è stagionale: le operazioni, che durano in genere da febbraio a luglio, sono eseguite da un gruppo di uomini, i tonnarotti, guidati dal Ràis, capo assoluto e responsabile dell’andamento della stagione di pesca.
Evolutasi nel Mediterraneo a partire da più semplici sistemi di pesca, la tonnara è un’elaborata trappola (“isola”) fissata in mare aperto e collegata perpendicolarmente alla costa da una lunga rete (“coda”).
Tra maggio e giugno, i tonni rossi convergono verso il Golfo del Messico e il Mediterraneo, dove corrono lungo le acque tiepide delle coste per riprodursi. La “coda” intercetta una parte dei banchi e li convoglia verso l’”isola”: questa è la trappola vera e propria, una complessa costruzione di reti che formano una struttura rettangolare, divisa in grandi “camere” per catturare, controllare e dirigere i tonni verso la fase finale della pesca.
Al momento opportuno, il Ràis ordina il passaggio dei tonni da una camera alle successive, aprendo le reti mobili che le separano, le “porte”.
L’ultima è la camera della morte, l’unica dotata di una rete anche sul fondo. Sollevandola, i tonni vengono portati a galla e uccisi nella catarsi finale della pesca, la mattanza.
50 anni fa i sistemi di pesca industriale, basati sull’avvistamento col radar e la cattura dei banchi di tonno in alto mare, fanno la loro comparsa nel Mediterraneo e iniziano a depredare le ultime riserve mondiali di tonno rosso.

L’ICCAT è l’organizzazione intergovernativa nata negli anni ’60 dopo il collasso delle riserve di tonno rosso nelle coste del Brasile e nel Mare del Nord, per dar vita alla Convenzione Internazionale per la Conservazione del Tonno Rosso. L’ICCAT compila statistiche , analizza e pubblica i risultati sullo stato di salute della pesca del tonno rosso, pubblica le raccomandazioni scientifiche agli stati membri su come meglio gestire questa pesca.
Il problema che mina l’efficacia delle sue risoluzioni sta nella mancata affidabilità dei dati di cattura registrati da ogni stato membro, alla base di ogni considerazione scientifica conseguente. In primo luogo, in ragione della salute delle riserve mondiali di tonno rosso, l’ICCAT fissa annualmente la quantità mondiale massima tollerabile di cattura, assegnando di conseguenza a ogni paese membro la quantità totale ammissibile di cattura (TAC) a lui riservata. Ogni paese, sulla base delle sue scelte politiche, suddivide il suo TAC tra i vari sistemi di pesca attivi, fino al dettaglio per ogni singolo operatore.
Nel 2015, il TAC riservato all’Italia è di 2.302,80 tonnellate e il governo italiano ha deciso di destinare al sistema tonnara fissa l’8,45% del TAC, contro 87,89% destinato ai sistemi di pesca industriale in alto mare: Palangaro e Circuizione. In Italia dunque le tonnare fisse ammesse a partecipare alla campagna di pesca 2015 sono tre: Isola Piana a Carloforte, Capo Altano e Porto Paglia a Portoscuso, Sardegna sud-occidentale. Nello stesso specchio d’acqua, tre tonnare per sole due ciurme, comandate dagli ultimi due ràis: Luigi ed Ettore, fratelli e figli d’arte.

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Note di regia
Tutto è partito dalla necessità di entrare in un mondo diverso dal mio, una dimensione diversa dalla mia, che procede con le sue regole e i suoi tempi. Avevo in mente le mattanze girate da Rossellini e da De Seta, pure icone. Mi chiedevo: cosa resta oggi delle tonnare? Mi ci sono tuffato dentro, senza difese, come un corpo estraneo, con un forte rischio di rigetto.
Sulla banchina, un portale dà su un grande piazzale lastricato di pietra vulcanica. Sull’angolo a sinistra brilla uno specchio appeso al muro, sopra un lavello oblungo, mi immagino pescatori barbuti che si rasano con la pipa in bocca… Da lì dietro esce un uomo dal fisico massiccio, occhiali da sole scuri, che avanza verso di me. E’ il rais, Luigi, mi offre una stretta di mano vigorosa e un sorriso sicuro di sé. Mi dice, con l’aria divertita: “Ma per caso sei animalista?”. Gli rispondo: “Diciamo piuttosto che sono… animale!”. Ride: “Noi siamo sempre qui, fino a luglio, vieni quando vuoi”.
In tonnara c’è solo il presente: il passato è rimosso, le tensioni verso il futuro abolite. Un mondo rude, sensazioni semplici e pungenti – caldo, spossatezza, pericolo, fame, paura – che mi ripuliscono. Alla fine resta il bianco e nero, regna la luce, i contrasti, i riflessi; l’inquadratura si fissa sui gesti del lavoro; le parole sono rare, quasi assenti. Un cinema primitivo, in qualche modo.
Nodi per cucire le reti tra loro, altri nodi per fissarle alla catena rugginosa destinata al fondo del mare. A terra, il suolo è cosparso di vecchie cime, maglie di catene, frammenti di cavi che si contorcono in vecchi nodi sfilacciati, souvenir delle passate stagioni in tonnara.
Nodi che misurano la velocità in mare, ma anche la velocità della vita in tonnara, rallentata dall’inerzia della natura, dal peso del presente che a volte rende le giornate interminabili.

Tonni
La mattanza di Rossellini e di De Seta non esiste più. I tonni catturati sono venduti vivi, trasferiti in una gabbia e trainati in acque lontane, nelle ranching farm, dove vengono ingrassati in cattività. Solo mesi dopo, saranno uccisi, congelati e spediti via aereo nell’est asiatico. Qui vengono battuti all’asta e consumati come cibo di lusso, a 10.000 kilometri di distanza da quelle popolazioni costiere dove sono stati catturati e di cui furono un tempo una fondamentale risorsa alimentare ed economica.

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