Testimonianze dalla miniera: follia e orgoglio

Unione sarda, venerdì 25 gennaio 2013

Nella miniera sono entrati tutti e due nel 1972 ed entrambi sono accomunati da vicende di lavoro e di lotte. Silvestro aveva 21 anni, Manlio molti di più. Le loro storie di viscere profonde e di un mare fuori dalla bellezza rapace e dolce, sono narrate nel film “L’amore e la follia” che Giuseppe Casu ha ambientato nel Sulcis-Iglesiente. “Ho scelto il titolo ispirandomi alla favola di De La Fontaine, che si conclude con la condanna della Follia a far guida all’Amore. Anche se ” follia” è un termine forte, qui l’amore per il proprio lavoro e per la proprio terra sembra essere accompagnato da qualcosa che, secondo i punti di vista, può sembrare assurdo”, spiega il regista sulla produzione italo-francese che fa parte del progetto “Tratti in miniera”, curato dall’associazione Tratti Documentari.
“La stessa idea della miniera è quella di un lavoro disumano e folle. Ma è vero che gli stessi minatori ne parlano con orgoglio”, aggiunge su quel legame contraddittorio eppure fortissimo. La miniera ha nutrito questi uomini e ha insegnato loro a vivere. E le vite di Manlio Massole e Silvestro Papinuto si intrecciano sino all’occupazione della miniera di San Giovanni, nel 1992, Quando una trentina di lavoratori si barricano per mesi con altri minatori. Una protesta esplosiva, secondo i media. Per scongiurare la chiusura avevano minato l’ingresso con tremila chili di esplosivo. Nei fotogrammi scorre il trauma della fine e l’amarezza di padri che avrebbero voluto lavoro anche per i figli, con nuove imprese al posto di una miniera inaridita. Il film si apre in maniera suggestiva, con il ricordo della rivolta nella voce di uno dei protagonisti, mentre la camera sembra ipnotizzata dal muro di pietra dell’esterno. Quindi si scende nel buio dei cunicoli di quelle rocce che parte opprimevano e in parte proteggevano, nelle sensazioni rievocate dai testimoni. Come anche la sete di conoscenza della prima volta in cui ci si caverna. Riemerge un quotidiano di fatica dei singoli e in cui fare il cronometrista era un “lavoro infame, disastroso” a danno di altri uomini che divenivano soggetti di una sopraffazione, secondo dopo secondo. Il sistema Bedeaux, ideato per massimizzare la produzione, eliminando i tempi morti, era implacabile. Anche i dati e le cifre sui registri sono testimoni crudi di quella realtà registrata pure dai filmati negli anni 90.
“L’amore e la follia”, dopo la proiezione al Torino film festival (era in gara anche per il premio Cipputi, con un buon successo di pubblico e critica), viene presentato in Sardegna. Oggi, alle 20, alla cineteca sarda di Cagliari (Viale Trieste 126), presenti l’autore e Silvestro Papinuto. Domani, alle 19, a Iglesias, nella sede Arci (sala ex mattatoio, in via Crocifisso). Previste proiezioni in alcune città della penisola, in attesa di una definita circuitazione nelle sale. Che sarebbe dovuta alla bella testimonianza filmata da Casu.

Manuela Vacca

ArticoloUnioneSarda

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