Teatri di vetro che non hanno paura

Da Lesflaneurs.it
Teatri di vetro che non hanno paura
Il 28 aprile, la nostra quarta serata con Teatri di vetro è stata all’insegna della riflessione. Tra La Villetta e il Palladium abbiamo deciso di seguire prima l’audio documentario Ilva, c’era una rivolta di Ornella Bellucci e poi lo spettacolo Robe dell’altro mondo della compagnia Carrozzeria Orfeo.

Ornella Bellucci, giornalista d’inchiesta, l’avevamo conosciuta leggendone i reportage per il manifesto e ascoltando le sue inchieste radiofoniche su RadioArticolo1. Incontrarla in una stanza di una palazzina a Garbatella e scorgerne l’emozione nel raccontare quello che sta vivendo Taranto, sua città natale e oggetto di molti dei suoi reportage, è stato senza dubbio uno dei regali più belli di questo festival.

Un tavolo ovale ricoperto di fotografie e planimetrie dell’Ilva e una ventina di persone sedute intorno, ad ascoltare in tormentato silenzio le voci di Taranto, una delle più grandi e maltrattate città del nostro Paese. La piazza occupata il 2 agosto 2012 dopo il sequestro, dell’area a caldo dell’Ilva, da manifestanti, sindacati, lavoratori insieme è il teatro delle voci che ascoltiamo. Voci disperate, di chi teme di perdere il proprio lavoro, spesso unica fonte di sostentamento per l’intera famiglia. Voci distrutte, di chi sta perdendo un bambino per un tumore alle vie respiratorie. Voci ipocrite, di chi sostiene che le malattie da cui è afflitta la popolazione tarantina non siano minimamente legate allo stabilimento. E infine voci innocenti, quelle dei bambini che ripetono alcune delle frasi che sentono dire da quando sono nati «a Taranto si muore respirando» e «senza lavoro si muore di fame». Ecco cos’è la città oggi, un tutti contro tutti, uno scontro civile tra chi sta con l’ambiente e chi sta con il lavoro. Costretta a scegliere tra due diritti fondamentali per i cittadini. Ma il 2 agosto succede anche qualcosa di nuovo: per la prima volta, cittadini e lavoratori, insieme, prendono la parola per dire che ambiente e lavoro possono e devono convivere. Alcuni di loro, organizzati in comitato, conquistano il palco sindacale allestito nella centrale Piazza della Vittoria. Quella piazza quel giorno fa di Taranto la base di una nuova denuncia civile, consapevole e compatta.

Alla fine si parla, si cerca di capire, oltre che con l’autrice, anche con il giornalista Alessandro Leogrande e Gianluca Stazi, co-autore della serata, come si sia arrivati a una situazione così assurda e come invece altri Paesi, come la Germania, siano riusciti ad avere un sistema produttivo rispettoso delle normative ambientali e dunque molto meno nocivo per l’uomo.
(…)
Daniela Primerano, Lesflaneurs.it

stanzaRaccontiTDV7

Da pensieridicartapesta.it
TDV 7-W.I.P.: Ornella Bellucci, Racconti Invisibili – il buco nel mare
«Buonasera mi chiamo Nicola Franco e sono un inventore», questa è la frase che ripete costantemente Lino durante la registrazione. Inventore di che cosa? Del buco nel mare, ovvero un allevamento di pesci, da lui sperimentato presso il Mar Piccolo, grazie al quale, con i dovuti finanziamenti, riuscirebbe a sfamare e a dare lavoro a tantissime persone.

Si potrebbe affermare che Nicola Franco è un inventore di speranza. Speranza di salvare la sua bella città, Taranto, oramai distrutta dall’inquinamento, attraverso qualcosa di naturale e di salvare, contemporaneamente, il Mondo intero, oramai devastato dalla “giungla” umana.

Lino inizia il suo progetto quando esce dal carcere dopo aver scontato una pena per omicidio: vuole sdebitarsi con la società per avergli portato via qualcuno restituendogli la ricchezza infinita che il mare potrebbe offrire.

Una storia amara, fatta di speranze e sogni destinati a rimanere tali. Quella di Lino è una voce a cui è stata data autonomia in questo audiodocumentario che, durante l’ascolto, sembra ci catapulti al limite tra la realtà e la finzione. Il buco nel mare è un grido di aiuto non per se stesso, ma per il mondo intero, che si sviluppa attraverso uno sguardo/voce forse utopico nella sua possibilità di realizzazione, o forse, più semplicemente, ancora incantato.

Il solo sentire la voce dei personaggi, il non vederli, non ha influenzato minimamente sul fattore emozionale degli audiospettatori. Anzi, ha permesso di concentrarsi meglio sulla vicenda senza perdersi in futili particolari di cui spesso le immagini sono colme. L’ascolto mette in moto la fantasia permettendo la creazione, sotto forma di immagine mentale, della storia e dei suoi protagonisti: tutte le persone che hanno preso parte a questa esperienza avranno sviluppato nella loro mente un Lino sognatore in cui un po’ tutti ci identifichiamo.

Michela Iaquinto, pensieridicartapesta.it

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