Achille e la tartaruga

Viaggio attraverso il paesaggio sonoro di una compagnia teatrale in prova: la parola, la gestualità, la musica, la danza, la vocalità, il suono di un’idea che si fa corpo.

“Caro Gianluca, sto lavorando molto perché questa drammaturgia è veramente multistrato. Mette in moto l’analisi delle fonti, il pensiero sul teatro, le emozioni personali, ma in più le scaraventa in uno scenario kafkiano, praghese, magico, arcano che è una mappa spirituale, storica e da me conosciuta… Quindi faccio sogni assurdi e premonitori, vedo ombre… Insomma è molto intenso. Il laboratorio è stato davvero buono. Il cast è fatto ed è bello. Immagino di iniziare le prove il 20 febbraio.” Roberta Nicolai

Crediti Audio Documentario
regia, registrazioni, montaggio, mix: Gianluca Stazi
con Michele Baronio, Andrea Grassi, Roberta Nicolai, Rosa Palasciano, Valerio Peroni, Enea Tomei, Arianna Veronesi
consulenza artistica: Grazia Vinci
produzione: Tratti Documentari

Durata
28′

Il contesto
Le registrazioni sono state effettuate durante lo studio, il laboratorio e le prove dello spettacolo teatrale Nudità di Roberta Nicolai

Quattro in scena. Qualunque cosa accada ci si ama. Separarsi è impossibile. Bisognerebbe riuscire a guardarsi nello specchio e vedere soltanto se stesso. Ma questo non accade mai. Padre, madre, figlio, figlia, un unico organismo complesso fatto di un archivio che si è costruito nel tempo di due generazioni e che si compone di gesti, memoria, abitudini, lessico, tratti somatici e sentimenti. Ognuno è figlio e padre, figlia e madre. Le immagini un album di famiglia. I confini individuali sono continuamente in costruzione e il tempo ha un andamento non lineare. È sempre troppo tardi o troppo presto.
Nella casa un solo evento. Il figlio si ammala. Poi muore. Quando uno dei componenti di una famiglia si ammala, la famiglia si ammala e per continuare a vivere si trasforma, si adatta, si cura, ricorda e combatte. Ma che significa salvare? Perché non c’è nulla, nella creazione, che non sia destinato a perdersi … lo scialo quotidiano dei piccoli gesti, delle sensazioni minute, di ciò che attraversa la mente in un lampo, le trite parole sprecate eccede di gran lunga la pietà della memoria e l’archivio della redenzione. (G. Agamben, Nudità)
La famiglia è un linguaggio, una partitura fisica governata interamente da metafore. Questo è il testo. A tratti coincide con le parole ma quasi sempre scorre silenzioso nei gesti. Il testo è lo stesso per tutti ma il processo, la vita, è individuale, diversa in ognuno. I gesti si ripetono. Poi rimpiccioliscono. Nel gesto piccolo il contatto di ognuno con il proprio corpo si fa profondo, discende in verticale nel tempo. E quel punto è così sensibile che lì ognuno non è più solo se stesso, è anche suo padre e sua madre e suoi fratelli. È archivio vivente. Lì c’è una possibile salvezza e allo stesso tempo la percezione di sé come l’insalvabile, come pura corporeità, denudamento della pura funzionalità del corpo. La Metamorfosi di Kafka è il luogo narrativo della scena, la materia in cui le due sunan di Dio, la creazione e la redenzione, denunciano il loro scollegamento e l’impossibilità della salvezza disattiva la creazione. Di fronte a tale spettacolo l’angelo Iblis, che ha occhi soltanto per la creazione, non può che piangere l’inutile spreco. È una soglia, un punto esatto, del Trittico e di ogni corpo. Banalmente si potrebbe chiamarlo cuore.


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